MoreNO Biagioni ReSTare UmAni

Restare umani

L’importanza di “restare umani” – Prima di tutto sarebbe necessario ripartire da alcune affermazioni semplici e ampiamente comprensibili, come, ad esempio, il “restiamo umani” pronunciato da Vittorio Arrigoni poco prima di venire ucciso in Palestina.
“Restare umani” in luoghi in cui si uccide la popolazione civile, comprese decine di migliaia di bambini/e, come avviene a Gaza ad opera di Israele, può sembrare impossibile. Ciò che avviene ogni giorno porta ad alimentare l’odio ed il desiderio di vendetta, con tutte le caratteristiche “disumane” che caratterizzano tali atteggiamenti.
Se si vuole fermare tale catena, però, è proprio da lì che occorre partire.
Recuperare un senso di umanità è il presupposto in cui si possono ritrovare persone che, magari, danno giudizi diversi su Hamas, gli Hezbollah, i Palestinesi, Israele (e le potenze occidentali – Stati Uniti ed Europa – che continuano ad appoggiare Netanyau, inviandogli armi).

Se e quando si saranno messe a tacere le armi

Dopo, tenuto fermo questo principio, si potrà discutere delle prospettive che si aprono facendo tacere le armi.
Restare umani significa, in primo luogo, rifiutare qualsiasi complicità con chi manifesta ogni giorno la propria “disumanità”, trasformando la reazione ad un attacco terroristico di Hamas in una rappresaglia senza fine che ha come vittima la popolazione civile di
Gaza (ed ora anche del Libano). E vuol dire anche recuperare obiettivi, che al momento appaiono pura utopia, come quelli
contenuti nel progetto “Costituente della Terra”, lanciato da Luigi Ferrajoli e da altri/e qualche tempo fa.

La necessità dell’utopia

Occorre qui sottolineare la necessità dell’utopia come un elemento
assolutamente necessario per riuscire ad andare avanti e non rassegnarsi a subire la situazione esistente.
Come sostiene Eduardo Galeano, l’utopia è l’orizzonte che non raggiungeremo mai, ma che
serve a “farci camminare”, a lottare cioè per un futuro diverso.

La “Costituente della Terra”

Dar vita a una “Costituente della Terra” significa giungere ad un
governo costituzionale mondiale in grado di porre fine alle controversie fra gli Stati – che spesso conducono a conflitti armati – e far convergere tutte le energie per cercare soluzioni rispetto ad
alcuni punti essenziali per la sopravvivenza della vita umana sul pianeta, primo fra tutti quello che ci pone di fronte alla crisi climatico/ambientale.
Sicuramente chi governa oggi gli Stati più potenti non va in questa direzione, anzi si colloca sul fronte dei “negazionisti” (vedi Trump), dei “petrolieri” che sabotano il passaggio dalle energie
fossili a quelle naturali, o, nel migliore dei casi, degli “indifferenti”.

Una mobilitazione dal basso

Urge che molteplici energie, dal basso, si mettano insieme per cercare di far cambiare rotta a chi conduce la politica istituzionale (perché quella utopia è l’unico percorso che può salvare l’umanità).
Le realtà sociali, sindacali, di movimento, tutte quelle che si muovono sul terreno dell’impegno solidale, dovrebbero porsi, accanto alle loro normali attività, questo obiettivo prioritario.
La situazione è talmente grave che la mobilitazione dovrebbe svilupparsi attraverso gruppi, collettivi, comitati che si formano a livello di base – nei paesi, nei villaggi, nei quartieri – con il
compito di agire nei confronti delle istituzioni, ma anche di organizzarsi di fronte ai problemi derivanti dalla crisi climatico-ambientale (che si porranno sempre di più e che incideranno sulla
vita di ogni giorno). Si tratterà, quindi, di condurre delle lotte, ma anche di cambiare, restituendo senso e valore alla parola “comunità”, i propri comportamenti.

Il NO ALLA GUERRA premessa indispensabile

Il NO ALLA GUERRA, in conclusione, non è soltanto un NO dettato, giustamente, da considerazioni etiche e morali, ma è anche una
premessa indispensabile per riuscire a far convergere tutte le energie possibili sui problemi che minacciano la sopravvivenza dell’umanità.
Restare umani, quindi, rifiutando la “disumanità” degli atti di terrorismo e dei conflitti armati (e impegnandosi per “un altro mondo possibile – e sempre più necessario -, come si affermava al
tempo dei Social Forum), costituisce, quindi, una priorità assoluta, se intendiamo cercare di dare un futuro alla vita sul pianeta, sempre più sull’orlo di un collasso totale.

Le politiche di contrasto alla crisi climatico/ambientale

E’ da questo punto fermo che occorre partire per sviluppare un confronto fra le diverse politiche da adottare per contrastare la crisi
climatico/ambientale (avendo chiaro che il tempo utile per un deciso cambiamento di rotta si sta riducendo sempre di più – e forse, come dimostrano i disastri che stanno avvenendo in varie parti del mondo, sta già scadendo – e urge attrezzarsi per far fronte a problematiche inedite, che comportano cambiamenti profondi e radicali nella vita quotidiana di ognuno/a di noi, con il recupero delle zone e dei paesi oggi in via di abbandono, contrariamente a quanto ha in programma il Governo, con la rivalutazione della vita comunitaria di quartiere, dell’uso di circuiti di prossimità per quanto riguarda l’alimentazione, del prevalere, nella mobilità, dei mezzi pubblici rispetto a quelli privati.
Agire collettivo, beni comuni, prevalere del pubblico sul privato

Il mercato, la libera impresa, l’individualismo dominante non sono certo in grado di andare in questa direzione. Per farlo è necessario recuperare il senso dell’agire collettivo, dell’importanza dei beni comuni, della preminenza, in ogni campo, del pubblico rispetto al privato: in altre parole si deve ricominciare a pensare a una società diversa, riproponendo la prospettiva del socialismo.
Prima che sia troppo tardi.

Moreno Biagioni, attivista

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