GOffREdo Fofi scrive di AleX LanGEr

(pag. 79)

Se si dovesse chiudere in una formula ciò che Alex Langer ci ha insegnato, essa non potrebbe che essere: piantare la carità nella politica. Proprio “piantare”, non inserire, trasferire, insediare. E cioè farle metter radici, farla crescere, difenderne la forza, la possibilità di ridare alla politica il valore della responsabilità di uno e di tutti verso la “cosa pubblica”, il “bene comune”, verso una solidarietà tra gli umani e tra loro e le altre creature secondo il progetto o sogno di chi ‘tutti fra sé confederati estima/gli uomini, e tutti abbraccia/con vero amor, porgendo/ valida e pronta ed aspettando aita/ negli alterni perigli e nelle angosce/ della guerra comune‘ (1).

Dico “carità” nel preciso senso evangelico, poiché Alex era un cristiano, dei non molti che cercavano di attenersi agli insegnamenti evangelici e che era possibile conoscere in quegli anni nel “movimento” (e oggi sono ancora di meno) e non, come tanti di noi che gli fummo contemporanei e amici, di fragilissime convinzioni “marxiste” oppure, al meglio, mossi confusamente da una visione solo etica del cristianesimo. La “diversità” di Alex, la sua superiorità gli veniva anche da una storia familiare più ricca, a cavallo tra lingue e culture, tra Germania e Italia, tra ebraismo e cattolicesimo, ma nessuno vide mai in questo il marchio del privilegio, poiché essa era caratterizzata in lui da una convinzione di umiltà reale e non esibita, non appariscente, dalla propensione all’ascolto degli altri, di tutti, dalla libertà dei collegamenti e dalla scelta di “far da ponte“.

(1) Giacomo Leopardi, Canti XXXIV: la ginestra o il fiore del deserto


Goffredo Fofi, Ciò che era giusto. Eredità e memoria di Alexander Langer (edizioni Alphabeta Verlag, 2025)

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