NOi deLLa Finanza ETicA

Ho un sogno. In verità, ne abbiamo diversi, noi della finanza etica. Alcuni sono diventati realtà; altri sono lavori in corso. Altri ancora sono ancora là, obiettivi alti che ci spingono a continuare a sognare. Fra questi ultimi, direi il più grande, è raggiungere un tempo in cui tutta la finanza sarà etica, mentre l’altra finanza, quella che io definisco “indifferente” (a cosa? all’impatto sociale, ambientale, di giustizia delle scelte finanziarie e di utilizzo del denaro pubblico e privato… che potremmo anche definire finanza cinica) sarà l’eccezione. Perché, in fondo se ci pensiamo bene, la finanza nasce nella storia dell’Occidente con una finalità eminentemente sociale.

Sono i francescani, agli inizi del Cinquecento che, vivendo e operando nelle città italiane, vedono le condizioni di miseria, di solitudine e precarie condizioni sanitarie in cui vive la gran parte della popolazione e, cambiando la narrazione cattolica fino a lì invalsa che considerava ogni prestito a interesse come usura e quindi come un peccato capitale, mettono in piedi i Monti di Pietà, le prime banche con intenti dichiaratamente etici. I Monti di Pietà fanno provvista finanziaria raccogliendo denaro da mecenati e  da depositi volontari (appunto, il monte), erogano prestiti su pegno (soprattutto ad artigiani), hanno un forte legame con il territorio, tanto nell’accesso ai prestiti, quanto nella governance. Gli interessi richiesti a chi prendeva il prestito erano non superiori al 2%, proprio per evitare il rischio di usura. E da lì è continuata una storia di approccio etico in finanza, passando per la Banche Popolari Cooperative, le Casse Rurali e le Banche di Credito Cooperativo, fino alle odierne Banche società per azioni con finalità etiche. E’ una storia di sogni realizzati e divergente rispetto alla finanza mainstream, ma non di minore successo. Le banche etiche di oggi, molte in Europa e nel mondo, organizzate attraverso la Federazione delle Banche Etiche e Alternative Europee (Febea) e la Global Alliance for Banking on Values (Gabv), sono l’ultima evoluzione di questa storia secolare. E siamo autorizzati a sognare e obbligati a lavorare perché questo modello diventi quello prevalente, “normale” e “tradizionale”, mentre quelle oggi mainstream diventino l’eccezione.

Quando Banca Popolare Etica è stata fondata nel 1999, attraverso un percorso che ha visto migliaia di persone, associazioni, onlus e anche enti pubblici raccogliere il capitale necessario per ricevere il riconoscimento ad operare da parte di Banca d’Italia, avevamo e abbiamo tutt’ora queste alte speranze. Mentre, però, abbiamo tenuto la barra ferma sull’impegno concreto e operativo di procurare credito e servizi finanziari di qualità ai soggetti che maggiormente ne avevano necessità. Che, incidentalmente, sono quelli che spesso restano esclusi dall’accesso al credito nelle banche “indifferenti”.

Il tema dell’esclusione finanziaria è un fenomeno serio e studiato in Italia, ma pochi poi veramente lavorano per ridurre la quantità di soggetti e persone che si vedono rifiutate il credito perché non sufficientemente “bancabili” o, in verità, poco interessanti per banche che ormai sempre di più impiegano i risparmi depositati presso di loro per impiegarli nei mercati azionari, cioè fuori (o laterali) dell’economia reale. La finanza etica valuta nella decisione di erogare un prestito soprattutto l’impatto sociale e ambientale del progetto per il quale il prestito viene richiesto: puoi essere perfettamente “bancabile” (cioè avere tutte le garanzie del mondo per restituire il prestito), ma se il tuo progetto ha un impatto negativo su ambiente e società (per esempio se produci armi, lavori nell’ambito dei combustibili fossili o del gioco d’azzardo), allora il prestito ti verrà negato.

Per noi il credito è un diritto umano, ma rivolto a chi ne ha necessità per fare del bene alla comunità, territoriale o planetaria. In questo senso è una finanza “tradizionale”, che cioè si lega alla tradizione di una finanza con finalità sociali e per favorire l’economia reale positiva e non la speculazione, la cui unica finalità è fare soldi attraverso i soldi e accumularli nelle mani di pochi sempre più ricchi. E’ una finanza critica, nel senso che aiuta a formare un pensiero critico su una delle dimensioni più influenti sulle attività umane, attraverso la concreta dimostrazione che un’altra, diversa finanza è concretamente possibile.

Un sogno, appunto, realizzato.

Simone Siliani (Direttore di Fondazione Finanza Etica)

 

 

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